“Non ci credo; ditemi che non è vero”. Un primo flash secco, “Padre e figlio uccisi a colpi di pistola in un bar”. Più i minuti passano e più anche i particolari aumentano: “Rocco e Salvatore Brattalotta…”, il resto della notizia, però, è come se volasse via veloce, quei due nomi, invece, no, continuano a risuonare nella testa. “Rocco e Salvatore: che cosa? Non è possibile”. Le ore appena successive alla tragedia, in via Europa a Turbigo, una zona periferica della cittadina del nostro territorio, dove i due abitavano con la famiglia, i vicini di casa sono sotto shock. Qualcuno sa già quello che è accaduto, qualcuno, invece, l’ha appena saputo dalla televisione o dalla radio, qualcun altro, infine, ne è completamente all’oscuro. “I Brattalotta? Si, abitano qui, nella villetta là davanti. Perché, è successo qualcosa?” – dice una signora. “L’ho sentito pochi minuti fa – continua un pensionato – Non li conoscevo personalmente. Come si può morire così?”. “Davvero? – è il commento di un’altra donna che abita proprio in una delle case confinanti con quella di Rocco e della sua famiglia – Che tragedia”. La donna si ferma un attimo, gli occhi sono bagnati dalle lacrime e la voce è rotta dalla commozione. “Mi ha appena telefonato un amica – continua – mi ha detto che stava arrivando, che era successa una cosa terribile”. “Ditemi che non è vero – afferma un’amica di famiglia – Rocco e Salvatore, due bravissime persone, due lavoratori. Mi sembra di vederli, quando uscivano per andare al lavoro o ancora Rocco che il sabato era lì di fronte nel giardino che abbiamo davanti alle abitazioni intento a tagliare l’erba. Oppure, in cortile, a preparare la grigliata: ci chiedeva sempre se volessimo qualcosa da mangiare e capitava di stare insieme con le nostre famiglie per pranzare in compagnia”. Rocco Brattalotta, la moglie Maria ed i due figli più grandi, Salvatore appunto (il giovane rimasto ucciso con il padre) e l’altro (18 anni), erano arrivati a Turbigo nel 2000 dopo avere vissuto nella vicina Robecchetto con Induno. Poi, solo pochi anni fa (nel 2007), la nascita del terzogenito che aveva riempito i cuori di tutti di un’immensa gioia e felicità. “Faceva il ferraiolo – ricorda un parente – e con lui lavorava anche il figlio Salvatore. Una persona generosa: aveva la passione per la pesca, soprattutto al mare, e non c’era volta che di ritorno da una giornata a pescare non regalasse una parte di quei pesci presi agli stessi vicini ed agli amici”. “Un lavoratore – conclude un’altra amica – Qualche suo operaio veniva qui a casa per lasciare l’auto, con altri si ritrovava proprio nel bar di Casate e, dopo, insieme raggiungevano il posto di lavoro”. Proprio come stamattina, quando, però, di fronte si sono trovati quella mano “armata” che non gli ha lasciato, purtroppo, alcuna via di scampo, strappandoli per sempre all’amore ed all’affetto dei familiari e degli amici.
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