"Impegnarsi la vita buona della comunità": l’invito dell'Arcivescovo ai fedeli sabato scorso durante la sua visita in città. Un momento di festa ed emozioni.
È un messaggio di speranza quello lasciato alla comunità della città di Parabiago dall’Arcivescovo Angelo Scola in occasione della visita pastorale tenutasi sabato 11 maggio. Una visita iniziata in una piazza Maggiolini gremita soprattutto di ragazzi, arrivati per incontrare il Cardinale insieme ai genitori e ai catechisti ed ai quali, per il tramite di alcuni rappresentanti dei cresimandi, il Vescovo ha consegnato personalmente una lettera di saluto. Una visita non legata a eventi particolari, ma inserita nelle attività quotidiane delle parrocchie della città, come ha sottolineato don Felice Noè, responsabile della Comunità pastorale Sant’Ambrogio (che comprende tre delle parrocchie di Parabiago: Santi Gervaso e Protaso, Santi Lorenzo e Sebastiano, Visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta). “Non ci sono ricorrenze da onorare, cammini educativi da sostenere, ambienti da benedire o movimenti da accompagnare – ha spiegato don Felice all’inizio della solenne celebrazione vigiliare concelebrata dal Cardinale e dai sacerdoti della città nella chiesa dei Santi Gervaso e Protaso - L’accogliamo come l’incontro tra due vite in situazione di normalità: la nostra, nella sua quotidianità, in un contesto urbano in rapida trasformazione e di comunità pastorale che si è ampliata nel corso di questi anni e che si avvia verso un suo completamento naturale e quella del Vescovo che visita le sue comunità, con sapienza, affetto, guida autorevole del cammino di fede e di crescita cristiana”. Una guida amorevole che il Cardinale non ha fatto mancare, rivolgendo riflessioni molto concrete alla comunità parabiaghese durante l’omelia: “Certamente viviamo un tempo non facile e anche la vostra città, la cui tradizione è molto antica e la cui operosità è molto nota per l’attività manifatturiera dei calzaturifici, patisce le morse della crisi in questo momento che soprattutto rischia di togliere speranza ai nostri giovani, rischia di non aprire a loro quella prospettiva concreta di futuro che consenta poi di fare una scelta giudiziosa dal punto di vista dello stato di vita con un matrimonio solido, fedele, aperto alla vita e anche, di conseguenza, capace di educazione, di costruire la comunità cristiana e, con le debite distinzioni, di impegnarsi per la vita buona di tutta quanta la città. È una prova che stiamo tutti attraversando”. “Questo nostro inizio di millennio si presenta come una pro-vocazione molto forte alla nostra libertà personale e al nostro agire comunitario e sociale però noi sappiamo che c’è un disegno su tutto questo – ha continuato Scola - C’è una frase nella liturgia che è impressionante, tutte le volte che la ripropongo nel Santo Vangelo mi fa percepire il brivido che scaturisce dal senso di essere amati: non prego solo per questi – sta parlando dei suoi - ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola. Noi siamo tra questi. Gesù aveva già previsto la nostra presenza e il nostro coinvolgimento con lui”. Come essere parte attiva di questo “disegno di gloria”? L’Arcivescovo ha indicato ai fedeli anche la strada: “Dobbiamo affrontare il mondo, affrontare il campo, portando la nostra vita rinnovata dall’Eucaristia e dall’esperienza di comunità in tutti gli ambienti dell’esistenza umana, cominciando dalle nostre famiglie, dal mondo del lavoro, dalla realtà cittadina, contribuendo come cristiani col nostro volto all’edificazione della vita buona della comunità civile nel rispetto di tutti, ma anche nella franchezza della proposta della nostra visione di vita”.