Alla fine l'ha spuntata Bersani. Niente da fare per il suo avversario, il sindaco di Firenze, Renzi. Ma come hanno votato nel nostro territorio? Guardiamo i numeri.
E alla fine ha vinto Bersani: il segretario del PD ha ottenuto oltre il 60% dei voti nel ballottaggio di domenica 2 dicembre, trionfando praticamente ovunque, tranne che in Toscana. Lo sfidante Renzi si attesta al 40%, accettando immediatamente ed esplicitamente la sconfitta, sottolineando, dunque, la sua pretesa differenza rispetto ad alcuni politici di vecchia data, che gridano al broglio alla prima occasione. Così facendo, il sindaco di Firenze incassa anche il riconoscimento da parte del suo partito, dove era percepito quasi come un corpo estraneo: non solo Bersani lo ha definito una “risorsa”, capace di portare “energia e freschezza”, ma anche gli acerrimi avversari D’Alema e Bindi hanno affermato che la candidatura di Renzi ha reso più accesso e partecipato il dibattito. Bersani, quindi, sarà il candidato premier alle elezioni 2013 per la coalizione di Centrosinistra anche se, Costituzione alla mano, è il Presidente della Repubblica, e non il voto degli italiani, a conferire l’incarico di Presidente del Consiglio. L’abilità politica del segretario si giocherà sul cercare posizioni comuni tra il suo partito e Sel, spesso di idee tanto diverse da non poter essere liquidate come banale dialettica politica (per esempio, il PD sostiene il governo Monti, Vendola no); ma il capolavoro politico sarebbe quello di inglobare all’interno del partito e della squadra di governo anche i sostenitori del candidato perdente. E non sarà facile. D’altra parte, Bersani ha una leadership rafforzata e ha vinto in una gara più aperta delle precedenti perché ha rappresentato, paradossalmente, un distacco dagli ultimi vent’anni e da alcuni tratti del berlusconismo. Ben lungi dal danneggiarlo, la lunga esperienza politica di Bersani lo ha aiutato, confortando gli elettori alla ricerca di un uomo dentro gli ingranaggi del governo, dato che il 2013 si prospetta poco sereno e serve, quindi, una guida esperta. Ha vinto il candidato che “ha comunicato peggio”, come ha scritto Curzio Maltese: e probabilmente anche questo è stato un punto a favore di Bersani. Renzi è giovane, telegenico, ha maggiore confidenza con i nuovi media e ha uno spin doctor di tutto rispetto (Gorgio Gori); il segretario, invece, ha fatto dell’assenza di strategie comunicative ben riconoscibili un suo tratto distintivo. Mentre l’avversario ripeteva a ogni incontro di campagna elettorale la parola “rottamazione”, variando appena il tema, e si lanciava alla ricerca di formule efficaci e sintetiche, Bersani ha detto più volte di “non voler raccontare favole”, cioè di non voler nascondere al paese la sua reale condizione, anche a costo di perdere qualche voto, perché “non conta solo il consenso”: dopo vent’anni di comunicazione berlusconiana, dove il consenso era la base legittimante per ogni azione di governo (chi non ricorda la frase pronunciata da esponenti del Pdl, in qualsiasi confronto televisivo, “Berlusconi è stato votato e ha una maggioranza mai vista nelle precedenti legislature repubblicane”?) anche la concretezza sembra una novità. Renzi ha peccato in questo: veloce e pronto nel rispondere, non ha mai nominato la parola “destra” (fatto che aveva portato sfortuna già a Veltroni nel 2008) che, seppur “sclerotica”, esiste ancora, e non ha mai lanciato temi forti per riuscire a coinvolgere l’elettorato di sinistra. Il continuo insistere anzi sui precedenti fallimenti dell’Unione ha attirato l’attenzione dei non tradizionali elettori del PD, ma ha allontanato ogni barlume di sostegno a sinistra: infatti, se non ci fossero state le primarie e Renzi fosse stato l’unico candidato ufficiale del PD alla Presidenza del Consiglio, molti elettori del Centrodestra non avrebbero avuto difficoltà a sostenerlo. Ovviamente Renzi non è un berlusconiano infiltrato nel Partito Democratico, ma è un politico che, fiutando il dissenso palese per l’attuale classe dirigente, ha sottolineato il valore del “nuovo”, offendendo la sensibilità di alcuni militanti. Non è stata la scelta più prudente per candidarsi alla guida di un paese che scivola sempre più verso sinistra, a causa della confusione imperante nel Pdl e della richiesta di maggiore equità sociale, pecca del governo Monti. Il sindaco, paradossalmente, si è dimostrato un “cattivo comunicatore”.
E NEL NOSTRO TERRITORIO... ANCHE QUI HA VINTO BERSANI:
- ARCONATE: BERSANI: 79 RENZI: 84
- BERNATE: BERSANI: 46 RENZI: 34
- BUSCATE: BERSANI: 81 RENZI: 28
- CASTANO P.: BERSANI: 147 RENZI: 98
- CUGGIONO: BERSANI: 214 RENZI: 100
- INVERUNO: BERSANI: 184 RENZI: 120
- MAGNAGO: BERSANI: 140 RENZI: 90
- NOSATE: BERSANI: 7 RENZI: 4
- ROBECCHETTO: BERSANI: 29 RENZI: 20
- TURBIGO: BERSANI: 131 RENZI: 81
- VANZAGHELLO: BERSANI: 126 RENZI: 44