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Politica

La Lombardia cerca una guida

Il 10 marzo 2013 si voterà per rinnovare il consiglio regionale in Lombardia e per scegliere il suo nuovo Presidente. Sui nomi dei candidati e sulle rispettive liste aleggia, nonostante le apparenze, un alone di mistero. Restando agli ultimi sviluppi, i più papabili sono Gabriele Albertini, Umberto Ambrosoli e Roberto Maroni, uomini conosciuti e attivi all'interno della regione.
Albertini, imprenditore, è stato sindaco di Milano per due mandati, dal 1997 al 2006, sostenuto da una lista di centro-destra. Successivamente, è stato eletto parlamentare europeo nelle file del Ppe nel 2004 e nel 2009. Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, è un avvocato penalista che è stato nominato, dal sindaco Pisapia, componente del Comitato Antimafia istituito dal sindaco stesso. Il terzo candidato è Roberto Maroni, dal 1° luglio 2012 segretario federale della Lega Nord e Ministro dell'Interno nell'ultimo governo Berlusconi, scelto dai leghisti stessi come loro candidato.
La lista dei nomi, però, è ancora incerta proprio per le alleanze non definite e per la divisioni in correnti all'interno di alcuni partiti. Gabriele Albertini, per esempio, è ancora deputato del Pdl eppure rifiuta di usare il simbolo del partito, preferendo puntare su una lista civica che, nelle sue intenzioni, sia composta per l'80% da esponenti della società civile, per il 20% da capaci amministratori locali e che si doti di un codice etico. Per l'ex sindaco di Milano, la lista dovrebbe accogliere aree del Pdl meno radicali, creare un'intesa con l'Udc, con il liberale Giannino e Montezemolo, in funzione moderata e anti-leghista. Sostenuto da Formigoni, che negli ultimi periodi non ha fatto mistero della sua personale delusione nei confronti dell'alleato leghista, Albertini non gode però del sostegno necessario all'interno del suo partito di provenienza. Non solo l'ala più berlusconiana, incarnata (per fare un nome) da Daniela Santanché, preferirebbe una continuazione dell'esperienza di governo precedente (Pdl e Lega), ma anche Ignazio La Russa chiede una convergenza dei due partiti su Albertini e, qualora questa non fosse possibile (come sembra evidente dalle dichiarazioni leghiste, dettate dalla volontà di non essere perennemente associati ai problemi del Pdl) sarebbe opportuno indire le primarie di coalizione. La posizione del partito è chiara: in calo di consensi a livello nazionale, sommerso dagli scandali lombardi, il Pdl deve serrare i ranghi, pena una sconfitta come quella siciliana. Albertini ovviamente è a conoscenza di questi fatti, ma proprio per i recenti scandali punta su una lista civica che non sia riconducibile direttamente a un partito (detestati in questo momento dall'opinione pubblica nazionale); d'altra parte, Albertini stesso gode di grande stima anche perché non ha avuto procedimenti giudiziari a carico da sindaco, dato essenziale per formarne la credibilità in una Milano, quella degli anni '90, ancora ferita dagli eventi di Tangentopoli. Recentemente però l'Udc, nella persona del segretario milanese Mantini, ha rimproverato il candidato di “tenere il piede in due scarpe”, non avendo ancora consegnato la tessera del Pdl, gesto anche simbolico, ma che avrebbe segnato una forte discontinuità con il passato. Se dovesse mancare l'appoggio dell'area centrista, l'ex sindaco stesso potrebbe rinunciare alla sua candidatura.
Anche Umberto Ambrosoli si presenterebbe con una lista civica sostenuta dal centro- sinistra (Pd e Sel) e forse anche dall'Udc. Il ragionamento politico dei due sfidanti principali è lo stesso: anche il Pd ha avuto la sua parte di inchieste imbarazzanti (Penati) che non saranno facilmente depennate, proprio nel momento in cui pare indebolirsi l'appeal di Formigoni in regione, che lascia aperti nuovi spazi di consenso, se la transizione sarà ben gestita. Ambrosoli sembra l'uomo adatto, per vicende personali e perché riuscirebbe a unire l'ala moderata e quella riformista. Ma i problemi non mancano: molti esponenti del centro- sinistra non vogliono negare il proprio attivismo all'interno dei canali tradizionali e le primarie non possono essere annullate, pena la perdita di credibilità, dopo mesi in cui il Pd sostiene che siano il mezzo più adatto per scegliere i propri candidati. Ambrosoli insiste invece per dare vita alle consultazioni civiche al posto delle primarie di coalizione, dato che la sua futura lista sarà espressione della società civile e non dei partiti. D'altra parte, gli altri candidati (Alessandra Kustermann, Roberto Biscardini, Andrea Di Stefano e, forse, Fabio Pizzul) sostengono la necessità di ricorrere allo strumento di selezione ormai caratteristico del partito. Teniamo anche conto che il dibattito televisivo tra i candidati nazionale alla Presidenza del Consiglio per il 2013 è stato molto seguito: perché allora buttare via un'altra occasione di partecipazione e di possibile sostegno?
Meno movimentata la Lega, con un candidato (Maroni appunto) che vanta un sostegno forte all'interno del partito e dell'elettorato. Maroni è riuscito a gestire, nel modo più indolore possibile, il delicato passaggio della transizione dopo Bossi; anche la Lega, tenendo conto dei problemi etici e giudiziari che l'hanno vista protagonista in negativo dell'ultimo anno, ha avuto la capacità di chiedere le dimissioni del governatore Formigoni dopo l'arresto di Zambetti, ribadendo ad alta voce la sua diversità politica.

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