Dopo aver dato una definizione di SPREAD, vediamo in che modo l’aumento dei tassi di interesse sul debito può avere conseguenze negative sull’economia reale (curioso termine questo, che fa presupporre l’esistenza di una seconda economia “irreale”, di cui si parlerà nel prossimo numero). Quando lo spread aumenta, lo Stato si trova a dover pagare maggiori interessi sui titoli di nuova emissione. Ciò significa che solo i titoli emessi di recente avranno un tasso maggiore, mentre quelli emessi in passato avranno ancora un rendimento inferiore. Se lo spread rimane elevato in maniera persistente nel tempo però, anche i titoli emessi in passato scadranno e saranno sostituiti da nuovi, sui quali graverà il nuovo e più pesante tasso di interesse. In questo modo l’effetto-spread finisce per colpire l’intero stock di debito accumulato da un paese negli anni. Poiché maggiori interessi sul debito rappresentano un maggiore “costo” per lo Stato, questo potrà farvi fronte in due modi: aumentando le entrate (e quindi le tasse) o diminuendo le uscite (e quindi la spesa pubblica). Anche le imprese risentono dell’effetto-spread. Nel momento in cui si rivolgono alle banche per ottenere un finanziamento, il tasso che si vedranno applicare sul mutuo sarà maggiorato di un certo ammontare che non riflette direttamente il loro rischio di insolvenza, ma il rischio che l’economia di cui fanno parte non riesca a sostenere certi tassi di interesse sul proprio debito pubblico.