“Stiamo correndo il pericolo di rendere le nostre città posti in cui gli affari vanno avanti, ma la vita, in senso proprio, è perduta.” Così sosteneva Hubert Horatio Humphrey (1911 – 1978 politico statunitense). Senza andare troppo lontano, possiamo rintracciare la verità di questa affermazione anche nel nostro territorio, dove in verità alcuni paesi sono oggettivamente migliorati dal punto di vista urbanistico, ridonando allo sguardo di chi vi transita una sensazione di “bello”, mentre altri stanno quasi subendo una involuzione, che turba, come ogni fenomeno di progressivo abbrutimento. Sorge qui allora la domanda “come vorremmo fosse la nostra città?”, una domanda che non è un mero esercizio di pensiero, ma vuole rilanciare soprattutto il tema di ciò che possiamo fare noi cittadini, in prima persona. Ed allora, la immaginiamo così… Una città come spazio di vita, pensata e strutturata per consentire di “fare comunità”, a partire dalla esistenza di un centro vivo ed attivo – come l’agorà (piazza) greca – che proprio in quanto spazio aperto accoglie i cittadini al suo interno e ne agevola gli scambi relazionali in senso lato. Una città quindi le cui strade non siano puro transito di automobili roboanti e le cui piazze non siano parcheggi improvvisati per automobilisti pigri, ma luoghi accessibili da tutti e a tutti – bambini, giovani, adulti, anziani - in cui poter tranquillamente passeggiare senza una meta precisa, per il gusto puro e fine a se stesso di camminare, in una esperienza di vita sempre più rara. Una città pulita e curata nelle sue strade e nei suoi muri, nei suoi spiazzi e nei suoi giardini. Condizione questa che educa a prendersi cura in prima persona degli spazi che si abitano. Perché si ha più riguardo a gettare un mozzicone di sigaretta in una strada linda piuttosto che in una accidentata e sporca. Una città dalle case colorate perché il colore veicola emozioni positive, attiva la fantasia e l’immaginazione, alleggerisce l’anima. Una città grigia intristisce lo spirito e lo sguardo, rendendolo a propria volta vacuo e annichilendone la propria costitutiva curiosità. Una città che preservi i propri edifici storici più significativi, nel rispetto del loro essere effigie di vite e storie passate, che a noi ritornano nella misura in cui lasciamo che ne parlino queste tracce. Una città con aree verdi per far giocare i nostri bambini, perché possano crescere a contatto con la natura vivendo il senso pieno della esistenza che è anzitutto cicli di nascite e morti, in un continuo rinnovamento. Abbiamo abbozzato giusto qualche idea, per iniziare a guardarci attorno in modo diverso e per indirizzare le nostre amministrazioni verso quegli interventi che chi li ha eletti si aspetta vengano portati avanti. Ma soprattutto per richiamare quella vita che spesso è andata perduta ma che, da qualche parte, attende fiduciosa di essere riaccolta.