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Editoriali

La riforma del lavoro

F lessibilità in entrata, ammortizzatori sociali ed articolo 18. Il Governo raccoglie un “sì” responsabile da imprese e sindacati, eccezion fatta per la Cgil, che su licenziamenti disciplinari ed economici non ha trovato un punto d’incontro con l’Esecutivo (e le altre parti sociali). Ma cosa cambia con la nuova riforma del mondo del lavoro? Innanzi tutto si disincentiva l’utilizzo “patologico” di forme flessibili come co.co.pro. e partite Iva, che spesso mascherano situazioni di lavoro subordinato. Anche il contratto a tempo determinato costerà di più alle imprese. L’obiettivo è quello di favorire il tempo indeterminato, utilizzando l’apprendistato come strumento di inserimento. Incentivi dunque anche a chi stabilizza il lavoratore precario. Sul tema degli ammortizzatori sociali, dal 2017 entrerà in vigore l’Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), che varrà universalmente e sostituirà disoccupazione ordinaria, disoccupazione con requisiti ridotti e disoccupazione speciale edile. Varrà anche per quelle categorie ad oggi escluse, come ad esempio apprendisti ed artisti. E per finire, l’articolo 18. In tema di licenziamenti si individuano tre fattispecie: per i licenziamenti discriminatori sarà previsto (come lo è ora) il reintegro, a meno che non sia il lavoratore ad optare per un indennizzo. Per i disciplinari si rimetterà al giudice la scelta tra reintegro ed indennizzo (da 15 a 27 mensilità). Per i licenziamenti per motivi economici, infine, si ricorrerà esclusivamente al risarcimento del danno.

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