Conosciamo il professor Piero Di Giuseppe una delle colonne portanti del Santa Crescenzia, Primario della Unità Operativa di Chirurgia Plastica Ricostruttiva e Centro di Chirurgia della Mano dell'Ospedale ‘Fornaroli’ di Magenta
Conosciamo il professor Piero Di Giuseppe una delle colonne portanti del Santa Crescenzia, Primario della Unità Operativa di Chirurgia Plastica Ricostruttiva e Centro di Chirurgia della Mano dell'Ospedale ‘Fornaroli’ di Magenta
‘CHIRURGIA DELLA MANO, UN’ECCELLENZA PER IL NOSTRO TERRITORIO’
(Magenta, 31 gennaio 2012) – La fruttuosa partnership in ambito medico sanitario tra pubblico e privato nell’area dell’Ovest Milanese trova un altro suo esempio emblematico nella figura del professor Piero Di Giuseppe, Primario dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica Ricostruttiva e Centro della Mano dell’Ospedale ‘Fornaroli’ di Magenta da 17 anni a questa parte, ma anche collaboratore della prima ora del Centro Medico Specialistico Santa Crescenzia, diretto dal dottor Andrea Rocchitelli.
Di Giuseppe che opera a Magenta da 35 anni– è anche presidente del Collegio dei Primari – ha potuto sviluppare una considerevole esperienza nell’ambito della chirurgia della mano in tutti i suoi aspetti, con particolare riferimento all’ambito ricostruttivo (vedasi anche il suo sito www.chirurgiadellamano.it). Tra le materie a cui si è particolarmente dedicato ricordiamo la cura del morbo di Dupuytren delle malformazioni vascolari alla mano. “ Per quanto attiene alla chirurgia plastica ricostruttiva –spiega il professor Di Giuseppe- sono tre i settori d’interesse: il post bariatrico, quindi, quello che ho potuto sviluppare ormai lungo un’attività trentennale riguardante il trattamento di ulcere da pressione (piaghe da decubito) nei mielosi e, infine, la chirurgia plastica ricostruttiva (legata in particolar modo a tumori cutanei e traumi degli arti inferiori)”. Per quanto concerne il post bariatrico il professor Di Giuseppe sottolinea come la casistica stia divenendo sempre più rilevante: “Stiamo parlando – spiega –di soggetti ex grandi obesi che si ritrovano a dover rimodellare il proprio corpo a seguito di interventi di chirurgia bariatrica molto sviluppata nel nostro Ospedale”. Quanto, invece, alla seconda tipologia, questa riguarda soggetti miolesi. “Paradossalmente – osserva – con l’abbattimento delle barriere architettoniche, ed il miglioramento delle cure in generale è cresciuto in modo esponenziale il numero di soggetti che si spostano in autonomia con la propria carrozzella, ciò se da un lato è oggettivamente positivo, dall’altro, ha avuto ricadute significative sul rischio di formazione delle classiche piaghe da decubito ischiatiche”. Sul fronte, invece, della chirurgia plastica ricostruttiva, il professor Di Giuseppe evidenzia come si stiano sempre più diffondendo le tecniche di lipofilling (ovvero, un sistema in grado di "riempire "i tessuti che si svuotano) anche in considerazione del loro svariato ambito d’applicazione (cicatrici da ustione, ricostruzione della mammella, ect.). Venendo, invece, all’interazione tra presidi ospedalieri e poliambulatori, il professor Di Giuseppe rimarca come le indicazioni regionali vadano sempre più in questa direzione. “Anche rispetto alla mia esperienza ospedaliera – spiega – si va verso una riduzione delle degenze, tanto più quanto si tratta di chirurgia ambulatoriale a bassa complessità. Sotto quest’aspetto, certamente la Lombardia è un modello virtuoso, il che implica, però, un elevato grado di specializzazione anche a livello organizzativo. Se le degenze, infatti, vanno ridotti al massimo, allora, l’organizzazione deve essere al massimo dell’efficienza, poiché vanno fatte più cose avendo a disposizione meno tempo”. “Nel campo della chirurgia della mano – conclude il professor Di Giuseppe – senza dubbio abbiamo assistito ad alcune novità rilevanti da un punto di vista tecnologico (vedasi anche la chirurgia rigenerativa), però, in definitiva, la differenza la fanno ancora l’esperienza di chi opera e, soprattutto, gli aspetti organizzativi. In traumatologia, infine, bisogna saper capire, quando, si deve intervenire immediatamente sui traumatizzati e quando, invece, dopo la fase di stabilizzazione, si può agire con un intervento programmato. In linea di massima, si può dire che tutto quanto attiene alla componente vascolare va trattato subito per evitare danni irreparabili. E’ per questo motivo che in ambito chirurgico ricostruttivo nulla deve essere lasciato al caso, subentrano una serie di professionalità che ci fanno capire quanto il gioco di squadra sia essenziale”.