Alcuni eventi sono difficili da analizzare, ancor più quando essi si intrecciano in un personalissimo discorso di fede. Come ha ben espresso l’Arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, la traslazione del ‘Santo Crocifisso’ non è solamente il compimento di un voto del passato, ma è un atto presente. “La storia narra di tanti miracoli e protezioni - ha commentato durante l’omelia - ma in queste notti di adorazioni e nelle processioni lungo le strade chissà quanti piccoli e grandi miracoli personali si sono compiuti. Questo è presente ed è guida per il futuro”. Un concetto, questo, ben caro anche al parroco castanese don Giuseppe Monti che più volte ha sottolineato come questa celebrazione, ogni 25 anni, sia un segnale tangibile di trasmissione delle fede da una generazione a quella successiva. Non a caso la ‘leva’ dei 25 anni è la prima a portare il Crocifisso. Forse, il vero ‘evento’, in questo rituale antico e mistico, non è tanto la traslazione in sè, ma tutte quelle vicende private, quei timori, quei dolori fisici o quelle preoccupazioni mentali che i cittadini castanesi, e i fedeli che vi partecipano più in generale, vengono ad affidare a questo Signore morto sulla croce, confidando in un supporto per sè e per i propri cari. E’ proprio l’osservazione silenziosa, che diviene preghiera, il vero significato della settimana appena trascorsa. Per questo non occorre dare troppo spazio ai racconti, ma lasciare che queste immagini rimangano nella storia, in attesa di vedere, tra 25 anni, una nuova testimonianza di fede.