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Arconate, Territorio

La realtà attraverso le immagini

Fabrizio Jelmini intervistato da Logos

L'idea di intervistare Fabrizio nasce qualche mese fa, all’epoca della manifestazione ‘Volere Volare’ organizzata dall’Apda di Arconate, e sfogliando il libro ‘Racconto in bianco e nero’, realizzato per l’occasione. Ricordo con emozione l’incontro con l’autore delle straordinarie foto, alla mostra a Palazzo Taverna. Fabrizio Jelmini si era subito dimostrato per quello che è. Un fotografo professionista, dalla intensa capacità comunicativa, ma soprattutto una persona speciale, intelligente, sensibile e allo stesso tempo spiritosa, disponibile, alla mano. Accordatoci in seguito per un’intervista, eccoci qui. Lui, appena tornato da un documentario televisivo in Sudan per il British Museum, è gentilissimo, sa metterti a tuo agio, e chiede ripetutamente di dargli del tu, “per eliminare le distanze”. Appena accennata la parola ‘fotografia’, la sua grande passione, sembra illuminarsi e inizia a parlare a ruota libera, quasi gli avessi chiesto di descrivermi la donna che ama.Racconta l’approccio e il suo progressivo avvicinarsi a questa ‘arte’, quando andava alle scuole medie e alternava i bagni nel canale alle visite a suo zio, allo studio fotografico Airoldi di Inveruno. Sarà proprio lo stesso zio a comunicargli l’amore per questo tipo di lavoro e a insegnagli le differenti possibilità di espressione con cui poi si troverà a confrontare, la fotografia da reportage, ritratto, moda, still life (ciò che più lo appassiona). Studiando da autodidatta, affascinato dalla tecnica e dalla conoscenza rigorosa della fotografia, rimane colpito anche dalla ‘non tecnica’, dalla libertà che essa permette. E’dagli anni ‘89 e ‘90 che inizia casualmente a realizzare reportage documentaristici, filmati audiovisivi, inizialmente per campagne industriali internazionali, ed inizia così il suo ‘giro per il mondo’, visitando ben 80 Paesi, tra cui scenari di guerra, di fame, povertà, per lavorare in ambito fotografico e televisivo nelle situazioni più differenti, incontrando culture, popoli, mentalità così lontane dalla nostra. Nel ‘97 viene chiamato da Stream, ora Sky, uno dei primi canali tematici satellitari dedicati al viaggio, per cui lavorerà quotidianamente. I reportage commisionatogli lo portano per tre mesi fino in Pakistan, Iran, Israele, Kosovo, Croazia, poi al primo incontro a Torino con i famosi fratelli Castiglioni per una spedizione e un viaggio di scoperta in Sudan, attraversando il deserto per 45 giorni. Nel 2003 si recherà in Suda-merica, dall’Argentina al Perù, dalla Terra del Fuoco al Cile mentre l’anno successivo, per Overland, per la seconda spedizione indirizzata a una trasmissione, visiterà il Me-diterraneo, il nord Africa, la Giordania, fino in Spagna, attraversando l’Algeria, la Libia, la Palestina. Interessante sarà anche il lavoro, per scopi archeologici, propostogli da La7 e la realizzazione di 3 libri fotografici, da quello della fondazione Butterfly il cui ricavato ha aiutato a realizzare alcuni pozzi in Etiopia, all’ultimo del 2007. Racconta dei suoi viaggi dei luoghi e delle persone che ha incontrato, e del suo lavoro come di uno studio di vita, un modo di essere che condiziona l’approccio curioso di chi, come lui, ha sete di conoscere, ama guardarsi sempre attorno, con l’energia tipica di chi ricerca sempre nuove prospettive di visione delle cose, convinto che c’è sempre da imparare e mettersi in discussione. Nei suoi viaggi ha fatto molti in-contri, ma anche scontri, soprattutto con l’arroganza, l’ignoranza generalizzata di chi rimane in superficie e non sa andare oltre. Gli chiedo qual è stato il reportage/viaggio più significativo. Mi risponde, prontamente, che il viaggio più bello sarà il prossimo. Di cosa si tratta? Non lo sa ancora, ma lui è così, amante della vita, fiducioso nella potenzialità del domani di mostrargli le cose sotto un altro aspetto.
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