Nella notte tra il 23 e il 24 maggio 1915 i fanti italiani procedevano silenziosi verso la frontiera con l’Austria: erano partiti carichi di speranze e ideali...
Nella notte tra il 23 e il 24 maggio 1915 i fanti italiani procedevano silenziosi verso la frontiera con l’Austria: erano partiti carichi di speranze e ideali, spinti dall’entusiasmo di un conflitto che – in poco tempo – avrebbe contribuito a completare il processo di unità nazionale liberando il Trentino e la Venezia Giulia dal secolare, opprimente, dominio straniero. Calmo e placido, il Piave ne accompagnava la marcia con un lieve e sommesso tripudiar delle onde: presagio dolce e lusinghiero di una rapida e gloriosa vittoria. Ma la realtà, per quelle ombre che, mute e fiduciose, avanzavano lungo le sponde del fiume, si rivelò presto ben diversa: davanti a loro si profilava una guerra lunga, estenuante e assurda, fatta di logoranti e interminabili attese; una sofferenza crudele e continua, che giorno dopo giorno soffocava l’illusione di un conflitto eroico e veloce nel sangue e nel fango delle trincee sugli altipiani. Il progetto ‘La Grande Guerra sugli altipiani’, coordinato dalla professoressa Ornella Modolo e rivolto alle classi 5A e 5I dell’Istituto ‘Torno’ di Castano, nasce proprio dalla necessità di meditare sull’evidente contraddizione che il Primo conflitto mondiale rappresentò per l’Italia e gli altri stati belligeranti: quella tra le vane speranze di libertà e l’atroce concretezza di una lotta feroce e insensata, tra le motivazioni retoriche, politiche e ideologiche dei governi e la brutale realtà vissuta dai soldati e dai civili. L’iniziativa si è sviluppata attorno a due momenti fondamentali: una conferenza (‘Rischio 1914. Come è scoppiata la Prima guerra mondiale’; relatore il professor Giancarlo Restelli, esperto di storia contemporanea), dedicata alle ragioni che, nel secondo decennio del Novecento, portarono le grandi potenze europee a scontrarsi e un viaggio d’istruzione sul Monte Grappa, che ha regalato agli studenti l’emozione di camminare tra le rocce fredde e silenziose che ancora oggi portano le terribili cicatrici della guerra.