La storia che, inevitabilmente, si mischia con la tradizione e la fede. Tutti, come si dice, con gli occhi e il naso all’insù, perché puntuale a Turbigo si è bruciato il balon.
La storia che, inevitabilmente, si mischia con la tradizione e la fede. Tutti, come si dice, con gli occhi e il naso all’insù, perché puntuale a Turbigo si è bruciato il balon. È la 'Festa d'in Giò e del Rione Naviglio'... “Un momento dal profondo significato, che simula l’ardore dei martiti nel bruciare la propria vita per l’amore di Gesù - racconta Lino Braga, del ‘Gruppo d’in Giò’ - Prima, inoltre, si era soliti in occasione della festa d'in giò che i cittadini che abitavano nella cosiddetta parte bassa del paese invitassero a mangiare a casa loro i parenti di su, poi con il palio di metà anni ‘80, la banda che aveva condotto lo stesso palio per Turbigo in giù, ha deciso di ravvivare i festeggiamenti, facendo così nascere proprio la tradizione di bruciare il pallone all'aperto, perché è bene ricordarlo in chiesa è da oltre cent'anni che si fa”. Un evento, quindi, che parte da molto lontano e che è sinonimo di coinvolgimento e collaborazione. "Per realizzare il faro, come viene chiamato, si lavora gli uni affianco agli altri - conclude Braga - Nello specifico, ha un intelaiatura in ferro e, successivamente, viene avvolto nel cotone, per essere successivamente portato alla scuola Materna, dove i bimbi lo decorano, dandogli uno speciale tocco di colore e magia”.
LA TRADIZIONE DEL BALON D'IN GIÒ