Il contributo determinante di Boozer permette a Rose di riportare Chicago alle Finali di Conference dopo 13 anni.
Se Rose non deve fare tutto da solo, allora questi Bulls hanno una chance per il titolo. La decisiva gara-6 contro gli Atlanta Hawks ha permesso ai Chicago Bulls di staccare il pass per le finali di Conference dopo tredici lunghi anni, quando il 23 originale faceva la storia. Un traguardo atteso a lungo nella Windy City e raggiunto grazie al solito strepitoso Derrick Rose, che però nell'ultima partita della serie non ha dovuto mettersi in proprio per vincere la partita, anzi.
Il risultato finale, un rotondo 93-73 ad Atlanta, testimonia di come i Bulls abbiano controllato la partita 'wire to wire', dall'inizio alla fine. Ma è il contributo dei vari Boozer, Deng, Gibson ed Asik ad aver fatto la differenza, per una volta, dopo le grandi difficoltà delle partite precedenti. Il primo, in particolare, ha chiuso la partita da top scorer con 23 punti e 10 preziosissimi rimbalzi, a cui aggiunge anche 5 assist. Al di là delle cifre, è la faccia del lungo proveniente da Utah che è cambiata: i 9 punti con cui ha chiuso il primo quarto gli hanno dato fiducia nel suo jumper, che da lì in poi è diventato indifendibile per la difesa degli Hawks, costretta a lasciargli il tiro per non soccombere davanti a Rose. Proprio l'MVP della stagione ha giocato una partita di grande maturità: durante la partita si è accorto che i suoi compagni rispondevano nella metà campo offensiva e di conseguenza ha limitato le proprie iniziative personali, giocando per gli altri. Tutto questo si è concretizzato in 12 assist e solo 14 tiri, due in meno di Boozer e tanti quanto Deng: avere un Rose così, che può amministrarsi e non deve necessariamente far diventare la partita un 1 contro 5 è manna dal cielo per Thibodeau, che spera che la vena di Boozer duri anche per la serie che comincerà Domenica contro i Miami Heat.
Tra gli altri giocatori dei Bulls, a spiccare è sicuramente la crescita esponenziale del centro di riserva Omer Asik: un rookie turco di 2.13 non dovrebbe essere così avanti nella comprensione del basket NBA, solitamente un europeo con le sue caratteristiche dovrebbe fare molta fatica a stare in campo, sia per problemi atletici che di falli (cfr. Mozgov a New York/Denver). Questo 25enne, invece, è già da ora una presenza importantissima nella panchina di Thibodeau in coppia con Taj Gibson e difensivamente sa usare i tanti centimetri in maniera egregia, specialmente in aiuto, conquistandosi minuti importanti anche a discapito di un senatore dello spogliatoio come Joakim Noah. Se questo è quello che è successo in un solo anno di cura del 'dottor Frankenstein' Thibodeau, la sua 'creatura' promette di diventare un solido centro difensivo per i prossimi 10 anni.
Dalla parte di Atlanta, c'è da dire che nessuno si aspettava che arrivassero fino a questo punto: hanno approfittato degli enormi problemi di Orlando nel primo turno e delle difficoltà offensive dei Bulls nella prima metà di questa serie, ma non appena gli avversari hanno messo a posto l'attacco, sono crollati ed hanno lasciato la partita. Un attacco basato sulle improvvisazioni individuali e che non è supportato da una difesa più che eccellente non può fare strada nei playoff, e nel momento in cui Josh Smith, uomo barometro della squadra, non è più riuscito a dare il suo contributo in maniera costante sui due lati del campo, la sconfitta era l'unica soluzione rimasta per il giallo degli Hawks. Inoltre le difficoltà enormi di Horford e Crawford nell'ultima partita, uniti ai problemi fisici di Hinrich (fuori dall'inizio della serie, e contro Rose sarebbe potuto risultare determinante) e Teague (ricaduto male su un polso durante la partita) hanno posto la parola 'fine' sulle speranze degli Hawks, incapaci di segnare tre canestri in fila alla difesa dei Bulls.
Per i Chicago Bulls ora il compito si fa ancora più arduo: all'orizzonte ci sono i Miami Heat dei Big Three (o 2 e 1/2 che dir si voglia), che hanno sconfitto in cinque partite i Boston Celtics. Sarà una serie molto interessante anche se non necessariamente spettacolare, visto che sono due squadre simili per mentalità difensiva e problemi di fluidità offensiva. Di particolare interesse la sfida tra due chicagoani doc come Derrick Rose e Dwyane Wade: il primo è profeta in patria e rimarrà con i Bulls per molto tempo, il secondo ha scelto di non andarci quest'estate per riunirsi con Bosh e James a South Beach. Per entrambi, c'è in palio lo scettro di miglior giocatore della Windy City, ed una Finale NBA da raggiungere al meglio delle sette (auspicabili) partite.