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Inchieste, Sociale, Bernate Ticino

Fede e numeri: i conti non tornano

Da lunedì 5 ottobre nelle parrocchie di Bernate e Casate è stato ridotto il numero delle celebrazioni sia infrasettimanali che nei giorni festivi.

Il calo delle vocazioni è, senza ombra di dubbio, un problema tangibile che sta segnando la Chiesa Cattolica. Sempre meno ordinazioni sacerdotali costringono le alte sfere a fare un vero e proprio gioco d’incastri per non lasciare nessuna parrocchia senza la figura guida del parroco. Non è il caso di Bernate Ticino e delle sue parrocchie di San Giorgio Martire e della Beata Vergine Maria che possono vantare la presenza del parroco don Germano Tonon, affiancato da don Franco Roggiani, in pensione e residente a Casate. A creare non pochi rumors tra i cittadini bernatesi è stata la recente decisione di don Germano, a pochi mesi dalla pensione, di ridurre il numero delle Messe già precedentemente limitate dalla pandemia. Dal 5 ottobre infatti, da lunedì a venerdì le celebrazioni sono a giorni alterni a Bernate e Casate e in orari diversi (lunedì alle 18 a Bernate, martedì alle 8.30 a Casate…), al sabato viene mantenuta la Messa delle 18 a Bernate, posticipandola di quindici minuti, mentre viene anticipata a Casate alle 17. La domenica, giorno che ha sempre avuto più celebrazioni, i fedeli possono partecipare alla Messe delle 10.45 a Bernate e delle 9.30 a Casate. Soppresse le due celebrazioni ‘più frequentate’ delle 8 e delle 18. Insomma, una gran confusione che indubbiamente non agevola i fedeli, in particolare le famiglie. Una decisione, a detta degli addetti ai lavori, non condivisa con i due Consigli Pastorali, organi che affiancano il Parroco nelle decisioni che riguardano la vita pastorale di una Parrocchia. E sebbene sia indubbio che dietro tale decisione ci siano necessità pratiche e logistiche di organizzazione e divisione dei compiti, è inevitabile chiedersi se tale provvedimento sia opportuno in un momento storico come quello che stiamo vivendo. Le nostre comunità parrocchiali hanno bisogno di legami, in primo luogo umani e necessitano di momenti d’incontro. Le chiese e gli oratori devono tornare ad essere casa e luogo di accoglienza e ascolto e non un appuntamento da incastrare come in un qualsiasi ufficio aperto al pubblico in giorni prestabiliti. Resta dunque da chiedersi se sia stato fatto tutto il possibile per evitare questo provvedimento o se invece stiamo permettendo agli eventi di prendere il sopravvento.

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